La morte di Ferdinando Panciatichi

Commemorazione del Marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona letta da Giovanni Pini

Ordine degli architetti ed ingegneri di Firenze

Adunanza del 15 dicembre 1897

MARCHESE FERDINANDO PANCIATICHI

Figura tipica di gentiluomo e di artista. Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, Marchese di Saturnia, fu ascritto nell’ Albo dei nostri Soci Onorari fin quasi dalla fondazione del Collegio, sicchè potevasi considerare per molti riguardi come un architetto nel senso letterale della parola, e per indole conoscitore non superficiale delle legge della Statica.

Ferdinando Panciatichi nacque a Firenze il 13 (!!) marzo 1813 e mostrò fin da giovinetto disposizione singolare alle discipline artistiche tantochè potè dar corpo ad uno dei più rinomati musei privati fiorentini. Ai quadri pregiati antichi raccolse anche quadri moderni, e di molti artisti se ne fece senza ostentazione mecenate.

Non aveva che 22 anni quando nel 1835 sfidando i pericoli del colera-morbus, fu infaticabile membro di quella Commissione di beneficenza che in quella dolorosa circostanza si adoperava a lenire i dolori di tanti deleritti.

Liberale di sentimenti, salutò con gioia l’alba del 1847, che portava riforme nel reggimento politico della Toscana, e fu eletto Maggiore del IV Battaglione della Milizia cittadina.

Trascorse quei pochi giorni di dorata libertà, il Panciatichi si ritirò nella quiete delle sue castella. Fu allora che cominciò a decorare sontuosamente le fronti e le sale dei quella celebre villa di San Mezzano sfoggiando il lusso smagliante dell’ architettura Moresca conforme al gusto artistico che si era creato.

E niuno non v’ha che non abbia ammirato in quel palagio dimora di fate, più che di privato signore, quanto possa l’amore sviscerato per l’arte, in un’anima colta e per fortuna predisposta dagli eventi a potere sfoggiare senza la lesina delle economie, che il più delle volte è la falce che depenna le buone idee.

Il marchese Panciatichi nel dirigere i lavori di restauro, si mostrava sempre pronto d’ingeno, versatile, laborioso e assimilatore di ciò che aveva studiato, e pronto a superare difficoltà in costruire che altri forse impensieriva.

Si occupò di ottica, e di numismatica come un esperto; studiò amorosamente nelle opere degli antichi, per rintracciarne il segreto delle tinte, la purezza del pennello; mai s’ingannava sull’autore di un dipinto.

Così dedito quasi febbrilmente agli studi non gli mancarono, non cercati di certo, gli onori e l’ Accademia de’ Georgofili, e l’Ateneo Italiano l’ebbero a socio, come il Collegio dei Professori di Belle Arti lo chiamò fra i suoi fin dall’ 8 settembre 1864.

Nell’amministrazione Municipale fiorentina sedette molto tempo e vi fu largamente sfruttato, fungendo da Assessore per i Lavori Pubblici durante il gonfalonierato Digny.

Ma l’egregio gentiluomo, già innanzi ritirato a San Mezzano a profondere il tesoro del suo larghissimo censo, attese serenamente l’ultimo giorno della sua vita il 18 ottobre dopo breve malattia.

Se a noi resta caro il ricordo di questo socio anche perché volle concorrere alla collezione della nostra biblioteca col regalo della ricchissima pubblicazione The Grammar of ornaments che è consultata con utilità da molti artisti, ci resterà più imperituro per la perdita di un uomo che fu modello di virtù, operosità, e che nella cerchia sua quasi sempre composta di menti caduche, fu esempio imitabile d’intelligente lavoro.

Caratteristico singolarmente nell’ambiente in cui l’aveva dotato natura, il Marchese Ferdinando Panciatichi, fu, usando una frase di moda, una macchietta, che non si ripeterà così facilmente.