Marianna Panciatichi Ximenes d’Aragona Paulucci nasce a Firenze 3 febbraio 1835 e muore nella Villa di Sammezzano il 7 dicembre 1919. Figlia del Marchese Ferdinando - intellettuale poliedrico che coltivava molte passioni tra cui l’architettura, la fotografia, la botanica, l’orticoltura - da lui eredita la passione per la ricerca. Nel 1866, a soli 31 anni, esce il suo primo lavoro scientifico su una prestigiosa rivista francese e pubblicherà in seguito circa 40 lavori di botanica, ornitologia e soprattutto di malacologia, studio nel quale diverrà una tra le maggiori autorità italiane, acquisendo fama internazionale.
Gli ultimi decenni dell’800 sono un periodo cruciale per la biologia teorica, con l’avvento della teoria dell’evoluzione delle specie di Darwin. Anche a Firenze il dibattito scientifico sull’origine delle specie è vivace e Marianna “donna bellissima e dotata di conversazione vivace” - dirà di lei il nipote ornitologo Ettore Arrigoni degli Oddi - vi partecipa con passione, confrontandosi, ma più spesso scontrandosi con altri colleghi sulla definizione di nuove specie e sulla precisazione dei loro confini. La naturalista fiorentina dimostra fieramente le proprie argomentazioni in un mondo accademico, all’epoca esclusivamente maschile. Viaggia molto in Italia ed all’ estero e costruisce imponenti collezioni naturalistiche che in seguito donerà a diverse prestigiose istituzioni culturali fiorentine.
Ma la sua vita si intreccia soprattutto con i magnifici luoghi posseduti dalla famiglia come il Palazzo Panciatichi (sede del Consiglio regionale) e Palazzo Ximenes a Firenze, Villa del Monte a San Gimignano e ultimo, ma non per importanza, la Villa di Sammezzano a Reggello.
Della vita personale e familiare di Marianna
si conoscono pochi dettagli. Dopo la morte del marito Alessandro
Paulucci e quella del padre nel 1897, abbandona le sue ricerche per
dedicarsi all’amministrazione delle tenute di famiglia tra cui il
Castello di Sammezzano, dove si ritirerà fino alla morte. Dai
carteggi emerge l’infanzia difficile e solitaria nel collegio di
Ripoli, l’allontanamento forzato della madre per adulterio; il
travaglio per la salute della figlia, probabilmente affetta da
disturbi psicologici; le discussioni con il marito Alessandro per il
suo dispendioso tenore di vita; la figura del fratello, Bandino, anche lui affetto da disturbi cognitivi tali da condurlo in una vita
vissuta ai margini, fino a finire in esilio in America per volere del
padre, da dove non tornerà più.
Nel 2019, a cento
anni dalla morte di Marianna il Comitato FPXA ha inaugurato un
anno di eventi per commemorare una fra le prime e più eminenti
naturaliste apparse nella seconda metà dell’Ottocento a Firenze ed
in Toscana. Ripercorrere la sua vita ha consentito di compiere
un viaggio tra luoghi stupendi e affrontare temi attuali come il
ruolo delle donne nella comunità scientifica e Firenze come città
di scienza, oltre che di arte e letteratura.
Da piccola Marianna frequenta spesso i giardini del
Castello di Sammezzano; si dedica allo studio di fiori e piante, scegliendo meticolosamente quelle da inserire nelle proprie tenute.
Più tardi realizzerà per la Regia Società
Toscana di Orticultura di cui era socia un
volumetto dal titolo “il Parco di Sammezzano
e le sue piante” dove riporta una minuziosa
descrizione delle essenze arboree che il padre aveva piantato nella
tenuta. Molte di esse sono oggi scomparse, ad eccezione delle
splendide sequoie, qui perfettamente acclimatate, tra cui quella
cosiddetta “gemella” di 54 metri, la più alta d’Italia.
Raccoglie un erbario di 4153 campioni (exsiccata), in gran parte provenienti dai suoi possedimenti in Toscana, anche se non mancano esemplari dal resto d'italia e dall'estero, erbario che poi donerà all'Istituto tecnico fiorentino Galileo Galilei (ora Fondazione scienza e tecnica).
Alla villa del Monte, a San Gimignano, si dedica all'attività dell'uccellagione, che le permette di collezionarne 1260 esemplari di uccelli imbalsamati. Ettore Arrigoni degli Oddi, marito di sua nipote Marianna di San Giorgio e famoso ornitologo, alimenta questo interesse e incrementa la raccolta. Le capacità di studio e di osservazione dell'avifauna le permettono di partecipare all'Inchiesta Ornitologica di Enrico Hyllier Giglioli, come delegata da San Gimignano, da Novoli e da Reggello, dove erano presenti le sue tenute
Nel 1878 porta la sua collezione di molluschi, all’esposizione universale di Parigi e tenta per la prima volta di redigere un catalogo completo della malacofauna italiana, lavoro che non riesce a completare, ma che è rimasto a tutt’oggi insuperato. In riconoscimento dei suoi meriti, le vengono dedicati circa 40 nomi scientifici tra generi e nuove specie; le sue collezioni ancora oggi conservate nel Museo di storia naturale dell’Università di Firenze, contano ben 13.500 esemplari, tra cui un cranio di tigre dai denti a sciabola risalente al Pleistocene inferiore, rinvenuto proprio a Sammezzano.
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